Una lunga corsa, con qualche ostacolo e molte sfide, dal 1934 a oggi. E la sensazione che non sia mai abbastanza… No, non basta più “saper fare”, ma abbiamo ogni giorno e in ogni dettaglio una magnifica ossessione, la qualità.
Anni Trenta e Quaranta
La ditta Arredamenti di Angelo Molteni
1947, foto da squadra di calcio, davanti a un capannone. Belle facce di adulti bambini e di bambini cresciuti in fretta, quasi tutti indossano un grembiule. Sono gli artigiani e i collaboratori della ditta Arredamenti di Angelo Molteni fondata pochi anni prima, nel 1934.
Anni Cinquanta
Favolosi gli anni Cinquanta.
La “ditta” di Angelo Molteni ha già 200 impiegati nel 1955. La voglia di futuro fa miracoli, si preparano gli anni del boom. Fiducia e volontà favoriscono gli incontri, incontri importanti. Il primo è con Alberto Zevi. Il signor Zevi convince il suo amico mobiliere ad acquistare le prime macchine industriali, le presse a piani e l’essiccatoio, che garantiscono il controllo totale della filiera, dal tronco al mobile.
Anni Sessanta
Addio classico, evviva gli architetti, evviva il design moderno!
Dopo la rivoluzione delle macchine, la sfida dello stile. I produttori si associano per portare il mondo a Milano e Angelo Molteni è tra i 14 fondatori del primo Salone del Mobile, 1961 Nasce il mobile “moderno”. Si sperimenta con Carlo De Carli, ma la svolta sono i sistemi componibili di Tito Agnoli, Angelo Mangiarotti e Luca Meda. Nel 1968, in sei o sette mesi, si converte la produzione. Addio classico, evviva gli architetti, evviva il design (moderno)!
Anni Settanta
Contract e design
Il 1975 è la svolta. L’introduzione delle macchine a controllo numerico per la lavorazione del legno è l’hardware, che si incrocia al software con nome e cognome, agli uomini, agli architetti. Nascono icone — Modulo3, Monk, Mop, Mount, 505. Sembra un protocollo criptato e invece è un programma industriale, culturale, progettuale. Fuori il mondo pulsa; nel compound industriale di Giussano si affinano le strategie; il design inaugura il decennio dei componibili — elogio della flessibilità.
Anni Ottanta
Il teatro del mondo
Eh sì, non ce li dimenticheremo mai, quegli anni! La famiglia si ingrandisce, fate posto a tavola, arriva Dada. Non può mancare la cucina… È solo l’inizio degli 80s, anni che volano via leggeri e carichi di promesse. Luca Meda piglio deciso e spirito creativo, porta in Brianza il suo caro amico Aldo Rossi. Nascono progetti teatri, famiglie di prodotti che rileggono la storia delle forme. Tradizione e futuro si tengono per mano. E il mondo sta a guardare, con curiosità Saranno grandi classici?
Anni Novanta
Less is more
Il Piroscafo è una metafora perfetta degli anni ’90. La nave solca gli oceani, è l’era della globalizzazione. Nel viaggio a ritroso verso Samarcanda, si incontrano parole antiche riconoscimento, specializzazione, flessibilità grandi numeri. E nuovi paradigmi: minimalismo, sostenibilità, materiali alternativi wireless. Insomma, “Less is more” si riempie di nuovi significati. Qualità nascoste è la seconda metafora. Tecnologia sì, ma con discrezione. Ssss… Silenzio! Ascoltiamo i progetti.
Anni Duemila
Nuove narrazioni e responsabilità
Gli anni Duemila, all’insegna dello slogan di Barack Obama, “Yes, we can!”, rispondono alla voce responsabilità. Fuori, nel mondo, con eventi che raccontano la cultura del progetto, come le mostre dedicate ad Aldo Rossi, Luca Meda, Jean Nouvel e Ron Gilad, o la manifestazione Frammenti di casa a Villa Torlonia.
Oggi
Una lunga corsa, con qualche ostacolo e molte sfide, dal 1934 a oggi. E la sensazione che non sia mai abbastanza… No, non basta più “saper fare”. La vera conquista è la comunità, dentro e fuori. Il territorio e i nuovi mercati, le parole e le immagini. La comunicazione. Gli sguardi i gesti, i servizi, la filiera, i processi e le strategie. La reputazione e la responsabilità sociale. In una sola parola, ogni giorno e in ogni dettaglio, una magnifica ossessione, la qualità della rappresentazione.