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Una lunga corsa, con qualche ostacolo e molte sfide, dal 1934 a oggi. E la sensazione che non sia mai abbastanza… No, non basta più “saper fare”, ma abbiamo ogni giorno e in ogni dettaglio una magnifica ossessione, la qualità.

Anni Trenta e Quaranta

La ditta Arredamenti di Angelo Molteni

1947, foto da squadra di calcio, davanti a un capannone. Belle facce di adulti bambini e di bambini cresciuti in fretta, quasi tutti indossano un grembiule. Sono gli artigiani e i collaboratori della ditta Arredamenti di Angelo Molteni fondata pochi anni prima, nel 1934.

Belle facce di adulti bambini e di bambini cresciuti in fretta, quasi tutti indossano un grembiule. Sono gli artigiani e i collaboratori della ditta Arredamenti di Angelo Molteni, fondata pochi anni prima.

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Attraverso l’attività artigianale, laboriosità e genialità potevano conciliarsi e costituire un mestiere, acquisito e trasmesso di padre in figlio, di cui essere persino gelosi.

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Angelo Molteni ha una sola ossessione, la qualità. Produrre bene, in tempi rapidi, tutto nella propria fabbrica. Questa è la sfida. Il legno certo, la lavorazione accurata, nei minimi dettagli. Ma per fare buoni mobili, ci vogliono anche modelli nuovi, corretti e adatti alle esigenze dei clienti.

Anni Cinquanta

Favolosi gli anni Cinquanta.

La “ditta” di Angelo Molteni ha già 200 impiegati nel 1955. La voglia di futuro fa miracoli, si preparano gli anni del boom. Fiducia e volontà favoriscono gli incontri, incontri importanti. Il primo è con Alberto Zevi. Il signor Zevi convince il suo amico mobiliere ad acquistare le prime macchine industriali, le presse a piani e l’essiccatoio, che garantiscono il controllo totale della filiera, dal tronco al mobile.

Il secondo incontro avviene a Cantù, e ha il volto di un progettista svizzero, Werner Blaser. È suo il primo prototipo di mobile “moderno” — di design non si parla ancora. Nel 1955 viene indetta la prima “Mostra Selettiva – Concorso Internazionale del Mobile” di Cantù, per riqualificare l’immagine produttiva del distretto.

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Il direttore, il professor Norberto Marchi, mette in contatto Angelo Molteni con Werner Blaser, un giovane progettista di Basilea. Il progetto, realizzato da Molteni, vince il primo premio. La giuria è prestigiosa. Gio Ponti, presidente, con Alvar Aalto, Romano Barocchi, Carlo De Carli e Finn Juhl

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Nel 1959, l’azienda partecipa al terzo Concorso Internazionale del Mobile di Cantù con due progetti di librerie: una disegnata da Yasuhiko Itoh, progettista giapponese che vince il terzo premio ex aequo.

Anni Sessanta

Addio classico, evviva gli architetti, evviva il design moderno!

Dopo la rivoluzione delle macchine, la sfida dello stile. I produttori si associano per portare il mondo a Milano e Angelo Molteni è tra i 14 fondatori del primo Salone del Mobile, 1961 Nasce il mobile “moderno”. Si sperimenta con Carlo De Carli, ma la svolta sono i sistemi componibili di Tito Agnoli, Angelo Mangiarotti e Luca Meda. Nel 1968, in sei o sette mesi, si converte la produzione. Addio classico, evviva gli architetti, evviva il design (moderno)!

Tito Armellini, direttore dell’Associazione industriali legno e sughero Alta Italia,e Angelo De Baggis, imprenditore, convincono altri 12 produttori italiani ad associarsi per dare vita al primo Salone del Mobile di Milano. Angelo Molteni è fra questi. È il 24 settembre 1961.

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A Giussano arrivano gli architetti e in pochi mesi è la rivoluzione, il cambio di paradigma. Con la cultura del progetto, portano una grande innovazione: la semplicità. La produzione viene convertita per realizzare mobili con più funzioni, per vari ambienti della casa, ben disegnati e pensati per la serie.

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“Il passaggio dal classico al moderno avvenne nel 1968, con il sistema Iride progettato da Luca Meda. L’anno seguente abbandonammo tutto quello che avevamo fatto fino ad allora per produrre design. È successo tutto nel giro di sette o otto mesi: fu incredibile."
-Carlo Molteni

Anni Settanta

Contract e design

Il 1975 è la svolta. L’introduzione delle macchine a controllo numerico per la lavorazione del legno è l’hardware, che si incrocia al software con nome e cognome, agli uomini, agli architetti. Nascono icone — Modulo3, Monk, Mop, Mount, 505. Sembra un protocollo criptato e invece è un programma industriale, culturale, progettuale. Fuori il mondo pulsa; nel compound industriale di Giussano si affinano le strategie; il design inaugura il decennio dei componibili — elogio della flessibilità.

Il pensiero è all’avanguardia, Angelo Molteni e i figli sanno che il design sarà un fattore cruciale. Il mondo, con le sue regole e opportunità, riconosce presto Giussano. Il mondo si chiama Modulo3, un’icona della cultura organizzativa di matrice anglosassone; Modulo3 vuol dire contract; contract significa capacità produttiva e progettuale strutturata, customizzazione, abilità relazionale, reputazione, visione internazionale, nuovi mercati, diversificazione commerciale.

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Sguardo alto verso le opportunità nel mondo, diffusione capillare della rete vendita in Italia e politica di acquisizioni in Brianza, come infrastruttura produttiva ad alta specializzazione: oltre a UniFor arriva Citterio. La dotazione strutturale, produttiva, progettuale e distributiva è quasi completata: Molteni è un Gruppo, pronto ad affrontare le sfide del mondo furniture.

UniFor Headquarter, progetto di Angelo Mangiarotti

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È durante questo decennio che il Gruppo comincia a specializzarsi nelle grandi realizzazioni contract — residenziale e ufficio — grazie alla capacità di adattamento a produzioni diverse con tempi certi, a un servizio accurato e dedicato, alla possibilità di ammortizzare le macchine con grandi produzioni, alla ricerca e costruzione della domanda nei mercati mondiali.

Ministero degli Interni di Taif in Arabia Saudita, arredato con divani e poltrone Z2, design Marco Zanuso

Anni Ottanta

Il teatro del mondo

Eh sì, non ce li dimenticheremo mai, quegli anni! La famiglia si ingrandisce, fate posto a tavola, arriva Dada. Non può mancare la cucina… È solo l’inizio degli 80s, anni che volano via leggeri e carichi di promesse. Luca Meda piglio deciso e spirito creativo, porta in Brianza il suo caro amico Aldo Rossi. Nascono progetti teatri, famiglie di prodotti che rileggono la storia delle forme. Tradizione e futuro si tengono per mano. E il mondo sta a guardare, con curiosità Saranno grandi classici?

La nuova decade si apre con un’altra mossa a sorpresa. Angelo Molteni decide di comprare “Dada. Mobili d’alta cucina”, azienda fondata dalla famiglia Garavaglia nel 1926 per produrre mobili e poi cucine, a Mesero, nel novarese.

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Molteni trova gli interpreti della sua scena, consolidando le relazioni con i grandi architetti, sotto la regia di Luca Meda. “Gli oggetti si offrono in veri e propri teatri dei linguaggi” (Mobili Italiani 1961-1991, p. 239), e i primi progetti di Aldo Rossi, che hanno per protagonista l’azienda, sono proprio la sedia Teatro, e il Teatro Carlo Felice di Genova, ricostruito da Rossi, Gardella e Reinhart (1983-89).

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C’è aria nuova, in fabbrica, dove, alla fine degli anni ’80, si sta lavorando allo sviluppo di un prototipo rivoluzionario, l’armadio 7volte7, che entrerà nelle case di — quasi — tutti gli italiani e di molti stranieri. Nasce, infatti, in questi anni il primo concetto di “Casa Molteni”, che riafferma una cultura dell’abitare ben radicata nell’immaginario italiano, rivista e integrata per soddisfare i mercati internazionali.

Anni Novanta

Less is more

Il Piroscafo è una metafora perfetta degli anni ’90. La nave solca gli oceani, è l’era della globalizzazione. Nel viaggio a ritroso verso Samarcanda, si incontrano parole antiche riconoscimento, specializzazione, flessibilità grandi numeri. E nuovi paradigmi: minimalismo, sostenibilità, materiali alternativi wireless. Insomma, “Less is more” si riempie di nuovi significati. Qualità nascoste è la seconda metafora. Tecnologia sì, ma con discrezione. Ssss… Silenzio! Ascoltiamo i progetti.

La nave va, la sua rotta è ben tracciata. Un enorme bastimento, costruito con gli elementi del sistema Piroscafo di Luca Meda e Aldo Rossi, segna l’ingresso dello stand Molteni&C, al XXXII Salone del 1993. Un colpo di teatro, che stupisce tutti.

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Nel 1994, UniFor realizza Less un tavolo in acciaio con piano rigido sottilissimo, ottenuto per piegature successive della lamiera, gambe sagomate a L, ali di 45 mm e profilo aerodinamico. Un’icona del design contemporaneo. In dieci anni ne vendono a migliaia, UniFor per l’ufficio e Molteni&C per la casa.

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Molteni&C, che nel 1994 riceve il Premio Compasso d’Oro alla carriera, continua la sua ricerca con Luca Meda. Mobili di buona fattura, di lunga durata, dove la tecnologia non fa tabula rasa ma porta la tradizione a sviluppi imprevisti. 505, sistema sempre più versatile, il tavolo Capotavola, dalle forme antiche, Viavai, mobili razionali che si piegano, per case con poco spazio, mentre continua l’evoluzione di 7volte7, con tecnologie d’avanguardia, diversi sistemi di apertura e chiusure ermetiche antipolvere.

Anni Duemila

Nuove narrazioni e responsabilità

Gli anni Duemila, all’insegna dello slogan di Barack Obama, “Yes, we can!”, rispondono alla voce responsabilità. Fuori, nel mondo, con eventi che raccontano la cultura del progetto, come le mostre dedicate ad Aldo Rossi, Luca Meda, Jean Nouvel e Ron Gilad, o la manifestazione Frammenti di casa a Villa Torlonia.

Architetti arrivano da ogni dove, con un progetto — soprattutto luoghi, spazi, architetture, a volte idee, da trasformare in prodotti — Jean Nouvel, Álvaro Siza, Foster+Partners, Pierluigi Cerri, Dante Bonuccelli, Rodolfo Dordoni, Ferruccio Laviani, Patricia Urquiola, Ron Gilad, per citarne alcuni.

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Nel 2009, nel polo produttivo di Giussano, nasce lo Spazio QallaM, luogo di rappresentazione del tema della Qualità, restyling firmato dallo Studio Cerri & Associati di un’installazione realizzata nel 2006 da Patricia Urquiola. Un’icona della grande manifattura nel cuore di un distretto storico.

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Accanto, sempre nel parco dell’azienda, il 2014 vede rinascere un’altra architettura, affidata questa volta all’estro creativo di Ron Gilad, Glass Cube. Uno spazio espositivo di 400 mq, fatto di vuoto, vetro e installazioni sorprendenti. Gilad reinterpreta i temi distintivi dell’identità aziendale: i materiali — il legno prima di tutto — la qualità, l’esperienza, la tecnologia, l’industria e l’artigianalità, i prodotti e le collezioni.

Oggi

Una lunga corsa, con qualche ostacolo e molte sfide, dal 1934 a oggi. E la sensazione che non sia mai abbastanza… No, non basta più “saper fare”. La vera conquista è la comunità, dentro e fuori. Il territorio e i nuovi mercati, le parole e le immagini. La comunicazione. Gli sguardi i gesti, i servizi, la filiera, i processi e le strategie. La reputazione e la responsabilità sociale. In una sola parola, ogni giorno e in ogni dettaglio, una magnifica ossessione, la qualità della rappresentazione.